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LA CONQUISTA DELLO SPAZIO, 4a parte

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view post Posted on 11/12/2004, 17:52     +1   -1
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LA CONQUISTA DELLO SPAZIO
4a parte
by Fox

Diamo un’occhiata ora in casa Americana.
...luglio 1959, spigolando fra le notizie...
Si viene a sapere che nell’isola Wallops, in Virginia, sono stati sperimentati razzi multipli a sei stadi per le ricerche dei fenomeni connessi al rientro nell’atmosfera. I primi stadi iniziali sono un Honest John, un Nike e un Lance (ricordiamo che il Nike è il booster dell’Ajax); i tre stadi finali sono un Thiokol T 40, un Thiokol T 55 e un motore razzo di nuovo tipo, sembra a camera sferica. Grazie ai primi tre stadi tutto il «treno» razzo è spinto a 320 chilometri di quota, poi vengono azionati gli altri tre nel momento in cui il vettore ha già iniziato la sua parabola discendente portando la velocità di rientro nell’atmosfera a 25.600 chilometri orari.
Ancora dalla NASA si è appreso che il 26 giugno, alle 23,47, è stato lanciato dalla base aerea di Vanderberg, nella California, un quarto satellite della serie Discoverer; il lancio si è concluso con un fallimento; infatti il satellite, messo in orbita con un Thor Able bistadio, dopo aver compiuto 17 rivoluzioni attornoalla terra, a circa 26 ore dal blast off avrebbe dovuto lanciare nello spazio— cosa che non ha fatto — una capsula contenente strumenti; questa capsula sarebbe dovuta rientrare nell’atmosfera finendo in mare all’incirca nei pressi delle isole Hawaii. Decisamente sembra che questa serie Discoverer non sia molto fortunata; il primo di essi si è disintegrato pochi giorni dopo il lancio; il secondo, l’unico riuscito, è arrivato a tenersi in orbita per un paio di settimane, e il terzo non è neppur entrato nella propria traiettoria.
In compenso da Capo Canaveral, quasi a bilanciare il fallimento dei Discoverer californiani, si è appreso che è stato lanciato con successo il decimo Polaris, mentre si parla del futuro programma lunare. lì direttore dei progetti di volo spaziali della NASA ha parlato di esperimenti con razzi anche a sette stadi: forse uno di questi ultimi — ha detto — sarà quello che ci consentirà di arrivare sulla luna.
Dal canto suo il presidente Eisenhower ha ricevuto il primo rapporto semestrale sulle attività della NASA, il cui direttore, Glennan, ha dichiarato che il razzo Scout è in grado di mettere in orbita a 450 km di quota un satellite di quasi un quintale e che il vettore Vega, che sarà disponibile per il 1960-61, potrà collocare in orbita un satellite di 2.600 chili. Si sa in ogni caso che metà delle assegnazioni ricevute, la NASA le ha spese unicamente nelle ricerche e non negli esperimenti.
Si è udita anche la voce di Wernher von Braun il quale ha detto— in una conferenza stampa tenuta a Honolulu—che forse non conviene costruire razzi troppo potenti per raggiungere la luna, ma che basterebbe disporre di vettori in grado di collocare in orbite a 500 km di quota dei razzi di rifornimento, sorta di stazioni di servizio spaziali. ‘E un’ipotesi, ha aggiunto, ma che conviene tenere nella dovuta considerazione. La costruzione di satelliti più perfezionati, che eventualmente possano servire di base d’appoggio alle imprese spaziali, ha interessato anche il presidente dell’Accademia sovietica delle scienze, Nesmenianov, il quale ha abbozzato un programma in tre tappe per l’esplorazione del cosmo.
La collaborazione sovietica nel campo dell’esplorazione dello spazio è stata invocata da una persona al di sopra delle parti e precisamente dal costruttore del Thor, Donald W. Douglas jr., presidente della Douglas Aircraft, in una conferenza a San Diego (California). Donald W. Douglas ha detto che occorrerebbe unire gli sforzi soprattutto in vista dello studio dei pericoli rappresentati dalla cosiddetta polvere meteoritica.
E sempre nel luglio 1959 la RCA, uno dei colossi mondiali dell’elettronica (avrà una parte considerevole nello sviluppo dei programmi per la conquista della luna) ha annunciato la realizzazione del micromodule; è un mezzo cm3 di circuiti elettronici; si tratta di un ulteriore passo avanti nella miniaturizzazione dei circuiti, destinata a rivoluzionare le dimensioni e le capacità dei computers.
Altre due date da tenere a mente, sempre del mese di luglio:
—il 21luglio notte sono stati lanciati da Capo Canaveral due vettori, un Atlas e un Thor; il primo ha percorso un iter controllato da terra per tutta la sua gittata (5.500 miglia); il suo cono terminale è caduto presso la stazione sperimentale che la NASA ha nei pressi dell’isola dell’Ascensione; qui è stato recuperato da un team apposito. lì secondo è stato invece distrutto dal direttore dei lanci dopo che è stato visto piegarsi verso terra.
—il 24 luglio dalla stazione sperimentale di Port Arguello (California) vengono lanciati strumenti sistemati nell’ogiva di un razzo Nike.
Fra questi due episodi non intercorre apparentemente alcun legame. In realtà mentre a Capo Kennedy si stanno sperimentando soprattutto i vettori, con il lancio di Port Arguello si tende a completare lo studio delle radiazioni solari che vede, parallelamente, l’analisi delle fasce di van Allen effettuata da specialisti come Freden e White dell’università di California. La pluralità dei centri di sperimentazione, sia per quanto riguarda i vettori sia per quanto riguarda le diverse analisi che vengono condotte sugli strati più alti dell’atmosfera e sullo spazio cislunare, cioè nell’intervallo esistente fra la luna e la terra, ha una sua ragione d’essere: moltiplicando gli sforzi, in un medesimo tempo si vuole ottenere un’accelerazione globale dei programmi spaziali.
Il gap tecnologico a favore dell’Unione sovietica è ancora sensibile e gli Stati Uniti dimostrano tutte le intenzioni di colmarlo o per lo meno di ridurlo.
E ancora un’ultima notizia: da un aeroporto del Minnesota si è levato in volo un pallone aerostatico con navicella munita di telescopio e stazione televisiva; il pallone sonda ha raggiunto la quota di 24 km e fa parte delle ricerche del programma Stratoscope per l’osservazione della crosta terrestre da punti situati al di sopra della parte più densa dell’atmosfera.
La NASA, dal canto suo, ha ufficialmente comunicato che è stato firmato con la Douglas Aircraft un contratto per 24.067.500 dollari per la costruzione del vettore Delta con la medesima struttura (a tre stadi) del Thor Able. lì Delta dovrebbe avvantaggiarsi di tutta una serie di modifiche assai consistenti, quali una migliore guida inerziale, una maggiore velocità a quote più elevate, e soprattutto dovrebbe essere in grado di collocare a 482 km di quota più di un quintale; il terzo stadio del Delta sarà a combustibile solido, progettato e costruito dalla Hercules Powder Company e dalla Alleghany Ballistic Lab. Inc. Il Delta sarà alto 27 metri, avrà una spinta di 68 tonnellate e un peso di più di 45 tonn. Si prevede di costruirne 12 in due anni circa; si tratta di un vettore «ponte», concepito cioè come stadio intermedio fra il superatissimo Thor e il futuro razzo Saturno, di cui sono allo studio le ipotesi di progetto. Gli esperimenti verranno condotti nella base di Capo Canaveral in Florida. (Dalle notizie NASA).
Sono intanto arrivate le fotografie scattate il 16 maggio sopra la base di Capo Canaveral dall’ogiva di un missile Thor staccatasi dal suo vettore a un’altezza di circa 450 chilometri; le fotografie sono impressionanti:
si vede il vettore impicciolirsi sempre di più sullo sfondo di una terra chiaramente «curva».
Sempre dalla NASA è stato annunciato che gli Stati Uniti hanno allo studio il lancio di tre satelliti di cui uno del peso di 60 kg circa da inserire in una traiettoria terrestre:
un’orbita ellittica con perigeo di 240 km e apogeo di 32.000. Se tutto va bene il lancio avverrà nel mese di agosto. Si ha poi allo studio il lancio di un satellite circumlunare del peso di 170 kg, lancio che dovrebbe avvenire in ottobre con un vettore Atlas. Infine si è parlato di un satellite con un’orbita planetaria.
Questo per quanto riguarda, abbiamo detto, il mese di luglio. In agosto ecco una novità: per la prima volta sono state fotografate immagini del sole e della terra in uno stesso fotogramma che fa, oltretutto, parte di un intero filmato: la NASA ha infatti divulgato solo ora queste immagini riprese dalla piccola cinepresa inserita nell’ogiva del Thor di cui abbiamo parlato prima.

Continuando di questo passo nelle riprese filmate da grande altezza si pensa di poter ottenere in breve tempo tutte quelle informazioni sugli strati più alti dell’atmosfera che finora i palloni sonda non avevano potuto riportare a terra e quegli indispensabili dati cui dovranno ricorrere coloro che programmeranno i voli spaziali a lungo respiro; accanto alla telecamera, infatti, le ogive dei razzi hanno tutta una serie di complessi strumenti di registrazione.
lì volo sulla luna non è stato fissato per una data troppo remota anche se appare piuttosto lontano il momento della realizzazione del vettore che sarà destinato a mettere in orbita la capsula con gli astronauti. Proprio sui vettori, infatti, si è accesa una delle più cocenti polemiche in sede americana. Manca finora un propellente in grado di dare i risultati voluti o forse manca un razzo capace di trarre il meglio dai propergoli a disposizione.
E a proposito di propergoli non c’è gruppo in cui non fioriscano le più accese discussioni. Si fa un gran parlare di propergoli russi e soprattutto si cita il boro come chiave di volta dell’intero sistema propulsivo dei vettori sovietici. Da parte americana si vedono le fotografie del presidente della Thiokol Chemical Corporation, J.W. Crosby, mentre illustra il motore da 500.000 cavalli realizzato dalla North American per portare l’uomo a 160 chilometri di quota. Si tratta di un reattore a propergoli liquidi, con il consueto scarico a tromboncino, che inizialmente dovrà servire a equipaggiare l’X 15.
I satelliti inviati nello spazio da parte americana si sono finora avvalsi di semplici missili Atlas e Thor. Questi missili naturalmente hanno subito col tempo delle modifiche soprattutto per renderli idonei a fare da booster per i moderni razzi a tre stadi. Solo con questo sistema, infatti, si riesce a collocare a conveniente altezza veicoli spaziali.
E questa la ragione per cui adesso faremo una brevissima storia — in fatto di vettori e missili — che possa render l’idea dei molteplici sforzi condotti, su diversi piani, dagli Stati Uniti.
Cominciamo pertanto dagli ultimi giorni di luglio in cui viene condotta una prova — di cui adesso diremo —prima dell’intenso programma sviluppato in agosto e soprattutto prima del «colpo gobbo» sovietico di settembre: il lancio del Lunik 2...


DA UN EXPLORER AL LUNIK
Il 24 luglio, da Capo Canaveral, viene lanciato un missile Thor con ogiva attrezzata per la ripresa cinematografica e per le registrazioni strumentali. Il vettore porta la capsula a un’altezza di 550 km e da qui vengono scattate le fotografie; in più — grazie a quattro complessi di lastre speciali per la registrazione dei raggi gamma —vengono ottenute informazioni sulla frequenza delle radiazioni. A bordo della capsula altri strumenti (costruiti dalla General Electric come i precedenti) analizzano il campo magnetico terrestre e gli effetti dell’impatto dei micrometeoriti.
Poco dopo, il 7 agosto, un Thor Able modificato, a tre stadi, porta in orbita un satellite Explorer VI chiamato, per la sua forma strana, Paddlewheel. Il 14 dello stesso mese viene immesso in orbita dalla base di Vandenberg in California il Discoverer V, seguito, il 19, dal Discoverer VI.
Da segnalare, inoltre, il fallimento di un lancio avvenuto il 16 agosto: uno Juno lì si è completamente disintegrato.
Di tutti questi lanci, comunque, quello veramente importante è il primo; il Paddlewheel (in inglese, «ruota a palette») ha bracci recanti delle piastre con cellule al silicio per la rigenerazione delle batterie; da qui il suo soprannome. La strumentazione di bordo dell’Explorer Paddlewheel comprende inoltre tre misuratori della radioattività, tendenti soprattutto ad analizzare le cosiddette fasce di van Allen, un sistema di cellule fotoelettriche per l’indagine della coltre di nubi che riveste la terra, due magnetometri per la misurazione del campo magnetico terrestre e quattro strumenti per la misurazione delle
microonde; in più uno stabilizzatore giroscopico, specchi per la densità dei micrometeoriti e tre trasmittenti radio.
L’Explorer VI è stato collocato in un’orbita con apogeo di 42.500 chilometri e perigeo di 252, orbita che il satellite è in grado di percorrere in 12 ore e 45 minuti. lì fatto che i satelliti sovietici e statunitensi abbiano orbite così eccentriche è dovuto alla necessità di esplorare la maggior quantità di spazio, pur restando nell’area gravitazionale terrestre.
Nei confronti dei satelliti precedenti, con l’Explorer VI si ha un perfezionamento notevole. E questo in effetti il secondo satellite funzionante dotato di cellule al silicio per la ricarica delle batterie avvalendosi dei raggi solari. L’altro satellite di questo genere è il Vanguard lì. Tutti i rimanenti veicoli spaziali ereditari recanti a bordo strumenti e messi in orbita dagli americani tacciono ormai da tempo, se non si sono già disintegrati. L’Explorer VI è destinato a svolgere a lungo quel lavoro che gli altri non hanno potuto portare a termine.
Un ulteriore perfezionamento si è avuto nella miscela di combustibili che ha portato in orbita il satellite, segno che gli statunitensi stanno a poco a poco superando le gravi difficoltà causate loro dalla «povertà» dei propergoli impiegati.
Rimangono ancora da perfezionare i controlli delle traiettorie extra-atmosferiche. Il 16 agosto con il lancio dello Juno Il gli stadi superiori del razzo non hanno risposto alle aspettative e invece di imboccare la giusta traiettoria hanno «slittato» fino ad incappare negli strati atmosferici superiori venendone annientati per surriscaldamento provocato dal pauroso attrito.
12 settembre 1959. È’ un sabato. Il mondo intero viene messo a rumore per una notizia sensazionale. Si tratta del lancio di un razzo verso la luna. A compiere il prodigio sono stati i sovietici. Di preciso, come ormai ci si è rassegnati in questi casi, non si sa nulla o, meglio, si conoscono poche e gelose notizie filtrate pian piano dalla «cortina silenziosa» (come è stata definita da qualcuno), causa la abituale discrezione con la quale i sovietici circondano i loro sforzi e non solo in materia di conquiste spaziali.
Radio Mosca è stata piuttosto laconica; in un comunicato ha detto:
«In ottemperanza al programma di ricerche spaziali e di preparazione ai voli interplanetari c’è stato oggi nell’Unione Sovietica un riuscito lancio di un razzo cosmico; il lancio ha lo scopo di studiare lo spazio cosmico durante un volo in direzione della luna; questo volo è stato compiuto grazie a un vettore pluristadio».
Tutto qui. Niente della allegra atmosfera statunitense, nulla delle minuziose, dettagliate notizie alle quali da tempo ci hanno abituati tecnici e giornalisti (fin troppo pettegoli) di oltre Oceano; nulla di tutto ciò; freddezza anche in un campo in cui si potrebbe sfruttare il potere della propaganda; forse i sovietici pensano che la migliore propaganda sia il risultato e quanto più questo risultato viene comunicato con la doverosa discrezione tanto più il suo «messaggio pubblicitario», la sua audience come direbbe un tecnico, risultano efficaci.
Gli americani, si sa, fanno tutto l’opposto. Se si tratta di inviare qualcosa nello spazio lo annunciano tre mesi prima e poco importa se si tratterà di un successo o no; in entrambi i casi diranno tutto: in previsione di un successo prepareranno i festeggiamenti, altrimenti riuniranno i tecnici per spiegare le cause di un fiasco...

Al comunicato breve di prima, radio Mosca ne fa seguire in ogni modo un secondo che dice press’a poco casi:
«Il razzo sovietico è stato lanciato verso la luna: si pensa che debba raggiungere il nostro satellite alle 0,05 di lunedì 14 settembre, ora di Mosca».
Poi, chi è sintonizzato sull’emittente sovietica in lingua italiana può udire un terzo annuncio che dice:
«Alle ore 13 del giorno 12 settembre il razzo si trova a 78.500 chilometri dalla terra e si sta dirigendo a una velocità dii 1,2 chilometri al secondo verso il satellite. Tutti gli strumenti a bordo del veicolo spaziale funzionano perfettamente e i segnali radio giungono nitidi a terra. In questo preciso istante», comunica da ultima Radio Mosca, «il razzo è sopra le isole della Nuova Guinea».
Che cosa porta il Lunik 2 (così si chiama il veicolo spaziale) sulla luna? Radio Mosca precisa che a bordo vi è un carico di strumenti di 392 chilogrammi di peso, installato in un involucro sferico in cui è stato immesso del gas avente il compito non soltanto di proteggere gli strumenti stessi, ma altresì di mantenere una temperatura il più possibile costante. E sempre radio Mosca a dire che con le osservazioni compiute dal Lunik 2 dovrebbero esser possibili ricerche sul polo magnetico terrestre e sui poli magnetici lunari, nonchè sulla fascia di radiazioni presenti attorno alla terra (quelle di van Allen), sull’intensità e sulle variazioni di essa, nonché sulle componenti gassose della materia interplanetaria; un programma ambizioso come si vede.
Sembra che una folta équipe di radio-amatori sia in comunicazione con il satellite-razzo Lunik 2 e che il volo sia seguito con estrema attenzione dall’osservatorio di Alma Ata nel Kazakhstan.

Il Lunik 1 — razzo planetario — era stato lanciato il 2 gennaio 1 959 e conteneva nel suo quarto stadio una sonda sferica; il missile passava a circa 70.000 chilometri dalla superficie della luna immettendosi in un’orbita planetaria attorno al sole. Anche per il Lunik 2 si è parlato di razzo a quattro stadi anche se dalle autorità sovietiche non è venuta alcuna conferma ufficiale al riguardo, lì Lunik 2 pesa 39 kg in più del Lunik 1.
Si sa che il primo e secondo stadio dovrebbero essere rispettivamente un ICBM T3 (primo stadio) e un MRBM per il secondo, ma nulla si sa nè del terzo nè del quarto; anzi, a proposito di quest’ultimo, vi è perfino chi ne nega l’esistenza, sostenendo che il vettore del Lunik sia un tristadio; il che lo apparenterebbe a certi progetti tedesco-americani elaborati da von Braun partendo dal Juno.
Si è intanto appreso che alle 13,40 del 12 settembre due radio-amatori, Shavil Davlekanov e Costantin Slivitski hanno ricevuto i segnali emessi dal razzo Lunik 2 sulla frequenza di 19,997 megacicli (l’altra frequenza —sempre adottata dal razzo— è di 20, 003 megacicli); si è trattato di segnali di breve durata (da 0,8 a 1,5 secondi) ai quali si sono alternati quelli emessi sulla frequenza maggiore.
Alle 15 il Lunik2 si trova a 101.000 chilometri dalla terra. Alle 19,39 il razzo emette una nube di sodio... E questo un singolare esperimento preparato dalle autorità sovietiche; infatti all’interno di un vano del razzo è stata collocata una determinata quantità di sodio che farà assumere al razzo la forma di una cometa. Tale nube, che è stata immediatamente fotografata all’osservatorio di Alma Ata, ha dapprima assunto la forma di globo luminoso poi si è frantumata in una miriade di frammenti simili a una pioggia di schegge. L’esplosione della nube di sodio è apparsa — come già aveva preannunciato il prof. Martinov dell’istituto Sternberg — come una stella di quinta grandezza.
Gli occidentali, dal canto loro, si limitano a seguire la rotta del razzo sovietico; particolarmente impegnati sono i britannici di Jodrell Bank, il più potente radiotelescopio del mondo, che hanno emesso concordi un verdetto di plauso: le previsioni sovietiche sulla rotta del Lunik 2 si sono dimostrate singolarmente accurate, hanno detto quelli del radiotelescopio. L’esperimento russo è effettivamente destinato ad aprire nuove prospettive (come aveva già annunciato il prof. Barabashev) sulle possibilità di arrivare sulla luna; se oggi si possono «spedire» nel cielo razzi teleguidati, domani si potranno inviare nel cielo anche degli uomini con in tasca un biglietto di andata e ritorno per il nostro satellite...
Dunque il Lunik 2 va forte, come direbbe un cronista sportivo. Ed è vero, perché alle 8 del 13 settembre il razzo sovietico ha già superato più di due terzi della distanza arrivando a 258.000 chilometri dal nostro vecchio pianeta. E circa a questo punto che si inserisce di nuovo la voce del prof. Martinov; lo fa avvalendosi delle colonne della Pravda: il Lunik — comunica ai lettori il prof. Martinov — non rimarrà «visibile» a lungo, dato che finirà per scomparire anche dagli schermi dei radiotelescopi, considerata la distanza che lo separerà dalla terra e le sue non grandi dimensioni. Unico segnale che avrà «impattato» contro la superficie selenica sarà la cessazione dei segnali. Ma c’è anche la possibilità che il razzo— cioè quello che di esso rimane, la capsula con gli strumenti — non si schianti sul suolo del pianeta, ma arrivi a sfiorarne la superficie immettendosi in un’orbita attorno ad esso.

Sono le 17 del 13 settembre. La vicenda del Lunik continua a occupare le colonne dei giornali occidentali e a essere commentata in brevi trafiletti come questo:
« Non appena il Lunik 2 sarà a poca distanza dalla luna una speciale emittente entrerà in funzione e permetterà di conoscere con esattezza la progressiva diminuzione di quota nei confronti della superficie del satellite».
Si è udita anche la voce del direttore dell’osservatorio di Pulkovo, il prof. Nemiro, il quale ha dichiarato che gli apparecchi installati sul Lunik 2 registreranno a più riprese l’intensità del campo magnetico lunare. E si fanno sempre più insistenti le voci secondo le quali il Lunik colpirà la superficie selenica proprio come previsto: alle ore 17, infatti, l’ora da cui abbiamo preso le mosse, il Lunik si trova esattamente a 45.000 chilometri dalla superficie del pianeta e la sua traiettoria è in direzione perfetta andando a cadere proprio accanto al Mare della Tranquillità; è indubbio che il Lunik 2 è dotato di un sistema di orientamento automatico.
Che questo rappresenti un notevolissimo successo per la scienza sovietica è un fatto incontrovertibile; il commentatore di radio Mosca ha detto che il mondo si trova in attesa; e in effetti è così: il mondo attende con ansia il risultato del Lunik; arriverà sulla luna la piccola capsula sovietica? continuerà a trasmettere fino all’ultimo? e quali saranno i dati che comunicherà a terra? Ouest’ultima domanda è forse la più pressante per gli occidentali, all’oscuro del codice impiegato dalla sonda e quindi non in grado di valutare l’importanza delle sue rilevazioni scientifiche.
Finalmente alle ore 22 2’ 24”, ora di Greenwich, Jodrell Bank comunica che la sonda sovietica non trasmette più, segno che si è andata a schiantare contro la luna. Gli ultimi segnali trasmessi dalla sonda sono stati registrati e copia della registrazione è stata mandata a Mosca per ulteriori analisi. A sua volta radio Mosca comunica che effettivamente Lunik 2 ha cessato le emissioni.
lì fatto è compiuto. La luna è stata toccata. Il Lunik si è infranto sul nostro satellite e le piccole piastre che ne formavano l’involucro si trasformano in tanti stemmi di due tipi: in uno si legge la scritta CCCP e l’emblema dello stato sovietico; nell’altro, oltre la consueta scritta CCCP, c’è anche l’anno: 1959, e il mese: settembre. Anche lo spazio comincia così ad avere le sue pietre miliari.
La folla moscovita trattiene a stento il proprio entusiasmo. lì mattino tutti i cittadini fanno ressa di fronte ai giornali murali o davanti alle edicole; si raccolgono crocchi e si intavolano discussioni aventi, come tema unico, il Lunik. lì curioso è che il lancio della sonda avviene contemporaneamente alla partenza di Krusciov per gli Stati Uniti («come se avesse voluto venir qui con un asso nella manica » dirà un giornalista americano). Krusciov ha fatto la sua comparsa all’aeroporto con aria raggiante, sventolando a più riprese il suo feltro a larga tesa. Che all’impresa venga attribuito anche un certo significato politico sembra dimostrato dal tono delle dichiarazioni degli scienziati sovietici subito dopo il lancio, in cui si inneggia alla distensione e alla cooperazione. Ma senza andare troppo in là nelle supposizioni, in Europa come negli Stati Uniti si riconosce il valore intrinseco del risultato: e non è poco.
Ha ammesso l’astronomo statunitense Branley, direttore del planetario di Hayden, che il Lunik ha colpito con violenza la superficie lunare penetrando profondamente nello strato di polvere meteoritica e nel suolo. Un altro americano, Anfuso, presidente della sottocommissione per gli spazi extratmosferici, ha detto di essere molto lieto per il successo russo e si è anche lui augurato una politica di distensione e collaborazione.
Più loquaci, ovviamente, i sovietici, in particolare Sedov che ha illustrato il significato dell’impresa spaziale. Sedov ha inoltre accennato all’alloggiamento degli strumenti senza però dilungarsi troppo e ammettendo semplicemente che la strumentazione era stata separata dal razzo vettore per consentire un migliore funzionamento di tutta l’apparecchiatura scientifica.
Comunque sia, è stata messa a tacere la corrente dei detrattori delle imprese spaziali russe, corrente che aveva avuto un certo seguito negli Stati Uniti e che aveva avuto come mentore e guida un giornalista, autore anche di un pamphlet contro la scienza russa: Lloyd Mallan. Mallan, basandosi soprattutto sull’arretratezza dell’ industria sovietica, da quella siderurgica alla elettronica, aveva escluso che si potesse condurre un’impresa spaziale a buon fine avendo a disposizione una tecnologia e delle infrastrutture così arcaiche; ma, come aveva ribattuto uno scienziato europeo, non necessariamente le ricerche spaziali abbisognano dell’infrastruttura industriale del paese ospitante; si può creare tutto un mondo di forniture specializzate che non hanno nulla a che vedere con la produzione corrente.
Settantadue frammenti pentagonali si sono comunque sparsi qua e là sulla superficie coperta di polvere millenaria: tante sono infatti le placchette che componevano la sfera del Lunik. I futuri astronauti potranno cercarle sulla luna quando vi si recheranno; le coordinate della caduta sono note, essendo stata seguita sin quasi all’ultimo la «vita» della sonda.
E questo del Lunik 2 è il settimo lancio, in poco più di un anno, effettuato da parte sovietica o statunitense. La corsa allo spazio è per ora riservata ai due colossi vincitori del conflitto mondiale e non sembra debba mai essere estesa agli altri paesi, mancando questi ultimi sia delle risorse finanziarie sia di quelle tecnologiche. Alcuni studiosi americani sostengono che i lanci sono stati veramente assai di più: ma molti hanno fatto cilecca; sottintendendo con questo che i sovietici hanno lanciato altri vettori nello spazio, ma che non tutti hanno dato buona prova. Si sono fatte anche delle cifre: questo Lunik si sarebbe dovuto chiamare 4 e non 2 perché altri due vettori si sarebbero innalzati dai poligoni russi per poi ricadere al suolo senza aver potuto raggiungere il loro obiettivo. Anzi, da questi fallimenti i russi avrebbero tratto un beneficio, avendo potuto studiare da vicino le cause della sconfitta ed evitare così guai peggiori per il futuro. Sarà. Ma per la maggior parte degli osservatori occidentali il Lunik che ha raggiunto la luna è il n. 2. E basta. Ed è la prima volta che la superficie della luna viene colpita. Quand’anche vi fossero stati non due, ma dieci lanci falliti, basterebbe questo solo successo, questo raggiungimento della luna, a mettere in ombra qualunque critica o riserva nei confronti dell’équipe di scienziati che ha messo a punto il viaggio terra-luna,senza ritorno, di questa sonda.
 
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