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GUARDANDO IL CIELO

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view post Posted on 28/9/2004, 08:20     +1   -1
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GUARDANDO IL CIELO
by Fox

Forse i primi uomini le adorarono o le ammirarono di nascosto, filtrando lo sguardo dall’oscurità delle grotte, attendendo, chissà, di vederne a tratti cadere qualcuna sulla terra, simile a un bianco stelo o alla corolla di un fiore strappato dal vento.

O forse le temettero come la bestia solitaria teme il fuoco e tutto ciò che non conosce e non può capire, fuggendo alloro apparire sotto le alte chiuse chiome degli alberi o nelle cieche dune selvagge.

Il silenzio avvolge i pensieri e le emozioni della nostra preistoria; le paure e le gioie dell’uomo all’inizio del suo cammino sono atomi imperscrutabili di uno spazio senza risonanze e dimensioni. Eppure il cielo stellato, questa volta immensa punteggiata di eterne luci scintillanti, ha una storia lunghissima da raccontare. Una storia piena di poesia e d’incanto, fatta di miti e di leggende, di fantasia e di leggi matematiche, di studi profondi, di scoperte, di passioni, di sacrifici, di rinunce e di vittorie.

Un tempo era facile guardare le stelle; bastava sostare un poco alla finestra o sedere sul gradino di casa o sul prato di una collina o sulla spiaggia umida

del mare o sul greto di un torrente e lasciare che gli occhi si imbevessero di infinito, placandosi.

Le stelle si guardavano anche camminando sulla spessa coltre di neve o lungo i sentieri incupiti di fronde, sui selciati ciottolosi o sulla morbida erba illanguidita dalla brina o dal tepore della notte.

Oggi, questo modo di elevarsi in alto tra la bellezza e la solitudine, il raccoglimento e la beatitudine struggente, é divenuto un privilegio, un dono concesso a pochi, un pretesto per allontanarsi dal caos alleviandone la morsa soffocante. Ma ognuno di noi, quando ritrova in se stesso la forza e l’attimo per fermarsi ad ascoltare il sospiro leggero ed inquietante della sera, quando ad una ad una riesce a risentirne le parole di pace e il sussurro ininterrotto, riprende l’abitudine al sogno e riacquista la consapevolezza del corso stupendo di un destino cosmico che coinvolge il sottile divenire umano con la sua realtà statica implacabile.

«E finalmente io ti domando o uomo sciocco. Comprendi tu con l’immaginazione quella grandezza dell’universo, la quale tu giudichi esser troppo vasta? Se la comprendi vorrai tu stimar che la tua apprensione si estenda più che la potenza divina, vorrai tu dir d’immaginarti cose maggiori di quelle che Dio possa operare? Ma se non la comprendi, perchè vuoi apportare giudizio alle cose da te non capite?»

Le parole di Galileo nell’opera Dialogo dei Massimi Sistemi, hanno ancora una potenza mistica meravigliosa; sono l’espressione e l’eco di una religiosità profonda, intatta, e che non fu mai scalfita dalla scienza. L’uomo, infatti, ha sempre cercato nella natura l’immagine di Dio, la sua immensità, la certezza e la fede; e in essa il più puro ha trovato emozioni e pensieri divini, interrogativi e risposte per la sua inquietudine e per la sua speranza.

Quanti versi sono stati dedicati alle stelle e quante pagine d’amore. La distanza e la loro irraggiungibilità le hanno rese perfette per secoli; esse hanno rappresentato per l’umanità un riferimento di preghiera, come il sole e la luna, un segnale di direzione, lo scandire del tempo e il mutare delle stagioni... Nel vivo accendersi o spegnersi delle fiammelle celesti, si èletto un messaggio, un auspicio o un avvertimento di sciagure, e nell’ansia di interpretare la loro quasi assurda eterna bellezza vi è sempre stata l’esigenza del mortale di giungere a comprendere verità diverse ed immutabili e, quindi, l’idea esaltatrice del creato e di chi lo ha mosso.

Keplero, un’altra grandissima figura del mondo astronomico, con Copernico e Galileo uno dei più importanti riformatori di questa scienza, scrisse in fondo alla sua opera l’Armonia del Mondo: « Io ti ringrazio, o Dio creatore, perchè tu mi hai dato la grazia di vedere quello che hai fatto, esultando per l’opera delle tue mani. Ho finito questo lavoro al quale sono stato chiamato. Ho messo in esso tutta la forza del mio spirito che tu mi hai donato. Ho potuto scoprire la grandiosità della tua opera agli uomini che leggeranno queste pagine, per quel tanto che la mia mente limitata ha potuto capire dell’infinito del tuo regno ».





Come videro le stelle i popoli antichi



L’astronomia non è una scienza di oggi o di ieri; la sua nascita risale a migliaia di anni fa, ad epoche di cui ci sono rimaste poche testimonianze ed ancor più rare tracce. Le stelle hanno sempre esercitato sugli uomini una strana attrazione e da esse non e improbabile che giunga anche un richiamo continuo,

un flusso che ci condiziona nostro malgrado, come condiziona le piante e gli animali. Questa interdipendenza fisica giustifica quindi il veloce cammino fatto attraverso i millenni da questa scienza vastissima, costruita su calcoli perfetti, ma sulla quale non potrà mai esser posta la parola « fine».

L’universo è troppo vasto e lontano perchè noi si possa raggiungerlo tutto e scrutano nella sua oggettività reale e non definita da ipotesi o da relazioni; per ora, l’uomo è arrivato soltanto sulla Luna; forse un giorno approderà su Marte o su Giove o su qualche altro pianeta. Ma i corpi sperduti nell’infinito sono milioni e milioni, tanto che a guardarli da quaggiù, ad occhio nudo o con il più potente telescopio, colmano l’animo di smarrimento e di inquietudine.

All’inizio della storia, comunque, nessuno avrebbe potuto immaginare le future vittorie dell’uomo; nelle stelle l’uomo dapprima trovò soltanto un punto di riferimento ai suoi spostamenti, alle sue giornate, alla sua fatica. Era un appoggio e una guida che gli giungeva dal cielo, un aiuto che chiedeva in ginocchio o che traeva dal suo continuo ammirare lo scintillio della notte serena e quei palpiti che parevano lievi moti, fughe leggere e ritorni dolci.

I cacciatori senza città e villaggi e che vagavano senza sosta in cerca di animali, di frutti e di radici per sopravvivere, le tribù che attendevano che l’onda restituisse il sole alla terra, non tardarono ad accorgersi che un dato gruppo di stelle formavano disegni caratteristici, che si potevano riconoscere di sera in sera. Queste costellazioni parevano tracciare nel cielo archi circolari, muovendosi lentamente come sfere di un gigantesco orologio; ed impararono ad ascoltarne i battiti delle lancette e quindi ad orizzontarsi ed a riconoscere il passare del tempo, l’allontanarsi di una stagione e l’avvicinarsi di un’altra.

I Fenici, ad esempio, sentirono presto il bisogno di leggi astronomiche per i loro spostamenti e si basarono sul sole e sulle stelle per spingersi in pieno Atlantico.

« Lungo le coste europee, il sole di mezzodì, in qualsiasi giorno dell’anno, è più basso nei porti più settentrionali di quanto non sia in quelli meridionali », si presume sia stato più o meno il ragionamento dei primi astronomi. « Da ciò deriva che se noi stiamo attenti alla lunghezza dell’ombra, differente in ogni luogo nel medesimo giorno dell’anno, possiamo arrivare ad avere la posizione di ciascun porto. »

In seguito si notò che un astro poteva apparire sempre più in alto nel cielo o sempre più vicino all’orizzonte, a seconda della direzione presa; che i raggi del sole, della luna e delle stelle formavano linee rette e parallele fra loro e che quindi la terra doveva essere sferica; e che la navigazione avrebbe dovuto seguire le norme che si leggevano sulle volte stellate. Ma già allora dall’esame del moto della Luna, dalla conoscenza delle sue fasi e della sua rivoluzione mensile, erano sorte le nozioni elementari del mese composto da quattro settimane (perchè appunto la lunazione ha quattro fasi) e la primitiva idea dell’anno (12 lunazioni) e pertanto l’inizio della misura del tempo mediante i calendari lunani.

Babilonesi, cinesi, egiziani, fenici e indiani, ebbero osservatori astronomici fin dal 3000 a.C. La prima osservazione di una eclissi venne fatta nel 2697 in Cina e qui, nel 1100 a.C., venne anche realizzata la determinazione dell’eclittica e della sua inclinazione sull’equatore; la divisione sessagesimale del circolo e dodicesimale del giorno nacque prima del 500 a.C., e in questo periodo a Babilonia vennero eseguite precise osservazioni delle eclissi e gli Egiziani determi


narono esattamente l’anno tropico. Le stelle erano

state tanto osservate e scrutate, che i Caldei avevano scoperto persino il ciclo di Saros, di 18,6 anni, in base al quale si ripetono nello stesso ordine tanto le eclissi solari quanto quelle lunari, ed era nata l’arte gnomonica, come tecnica di costruire gnomoni o meridiane.



*

* *





Talete, Anassimandro, Democrito, Platone, Pitagora, Eudosso, Aristotele, Callippo, Aristarco e il grande Ipparco. Chi di noi, almeno una volta, non ha sentito parlare o non ha incontrato leggendo il nome di questi greci illustri e indimenticabili nella storia del cammino scientifico, filosofico e matematico dell’uomo?

In ognuno di essi, oltre all’amore di conoscere e all’ansia di sapere, vi deve essere stata la passione sconfinata per la perfezione e la bellezza. Ci sembra di averli davanti, di conoscerli da sempre, di aver contemplato insieme con loro le notti calde e dolcissime di una terra densa di umori e di civiltà; di averli sentiti raccontare, sotto lo splendore delle stelle, ipotesi di mondi popolati, di interferenze universali; ci sembra soprattutto di aver sentito dalla loro voce, che immaginiamo pacata e serena, affascinanti spiegazioni di movimenti celesti e di distanze e di cifre... Spiegazioni che in sostanza furono e saranno sempre valide, come valido è stato il loro studio e la loro tesi sulle stelle.

Anassimandro, che visse tra il 611 e il 547 a.C. ci forni per primo una descrizione concreta della superficie terrestre, anche se la costruzione delle carte era già nota in Egitto e in Mesopotamia e introdusse l’orologio solare, che consentiva di determinare i movimenti del Sole e le date dei due solstizi e dei due equinozi. Anassimandro fu anche il primo ad osservare

le dimensioni e le distanze dei corpi celesti; egli era convinto che il Sole, le stelle e la Luna fossero inclusi in anelli opachi e forati, ruotanti attorno alla Terra piatta e posta al centro dell’Universo.

Prima di lui, Talete aveva sostenuto ingenuamente che la Terra doveva avere la forma di un disco galleggiante sull’acqua e che le stelle appartenevano ad una volta celeste che delimitava in alto l’universo; però Erodoto afferma che egli fu in grado di predire, dopo un lungo soggiorno in Egitto, l’eclissi di Sole del 585 a.C.

Anassimene pensò che l’universo fosse vivente e chissà quanti sogni fantastici gli ispirarono le sue notti di attesa, di studio e di osservazione accanita. Un universo popolato da altri uomini e da altri mondi: quanti astronomi o scienziati non si fermarono su questa congettura meravigliosa, su ipotesi addirittura folli nella loro arditezza sconfinata? E quante volte essi non furono tacciati di visionari, di fanfaroni o peggio? La scienza è scienza e la fantascienza è fantascienza, nè l’una nè l’altra devono uscire dal loro campo per invadere zone proibite e contrastanti. Ma fino a che punto la fantascienza si oppone alla scienza? Basta pensare ai libri di Verne, alle sue descrizioni di mezzi e di macchine ancora non realizzate dalla moderna tecnica, ma anticipate in modo stupendo dalla sua immaginazione; basta ricordare come vennero trattati certi fisici o medici all’inizio dei loro studi.

Nel 1790, per citare un esempio recente, l’Accademia delle Scienze di Parigi scatenò una campagna offensiva e denigratoria nei confronti del fisico Chladni, « reo» di aver sostenuto l’origine cosmica delle meteoriti. « Solo un pazzo può affermare che dal cielo possano cadere sassi sulla Terra », dissero in coro illustri matematici, astronomi, medici e chimici.

E dovettero rimangiarsi poi tutti i loro lazzi e i loro insulti.

Oggi c’è gente che afferma di aver parlato e di incontrarsi segretamente con marziani, venusiani ed altri abitanti di pianeti più o meno conosciuti. Ci sono persone degne della massima fede che giurano di aver visto arrivare dal cielo astronavi inviate da civiltà extraterrestri per mettere l’uomo in guardia contro il suicidio nucleare o per studiarne i costumi ed ogni forma di vita.

Fantasia malata? Suggestione? Deliri e invenzioni originate dall’ansia di conoscenza e dall’inquietudine di soggetti impauriti dai mali peggiori del secolo?

Sarebbe troppo semplicistico rigettare tutto questo od ammetterlo in blocco. Certo è che da millenni si raccontano le cose più stupefacenti e si raccolgono dei nessi fra il nostro mondo e quello che, all’infinito, ci appare avvolto di misteri e di bellezza. Da secoli, forse da sempre, il terrestre accenna di continuo ad esseri che vengono o sono venuti dalle stelle portandoci le loro leggi, le loro esperienze, il loro aiuto e la loro condanna; vi sono moltissime testimonianze di un quasi sovrannaturale andare e venire per quelle vie che abbiamo incominciato anche noi a percorrere per arrivare alla Luna.

George Adamski, un americano di origine polacca morto a 74 anni nel 1965, autore di libri come I dischi volanti sono atterrati, All’interno di un’astronave e Addio dischi volanti, scatenò con le sue asserzioni una vera e propria passione per l’astronomia e tutto ciò che ancora questa scienza nasconde. Dopo la pubblicazione delle sue opere vi fu un periodo in cui nell’America parve ad un tratto risvegliarsi la vecchia dimenticata abitudine di contemplare i cieli notturni, e molti si riunirono nei punti isolati delle città o della campagna, vicino alle spiagge, sperando forse di

incontrare qualche extraterrestre o di veder uscire dalle tenebre e scendere dall’alto una macchina complicata e lucente o un semplice disco volante.

«Come studioso di filosofia e di scienza per molti anni», scrisse Adamski, «ho insegnato che gli altri pianeti sono abitati, e ciò da parecchio tempo prima che avessi visto i dischi volanti o avessi avuto il piacere d’incontrare personalmente i loro occupanti... Accurate ricerche compiute sulla Bibbia portano alla luce diverse relazioni sui visitatori extraterrestri. Un ecclesiastico mi raccontò, infatti, d’aver trovato circa 350 relazioni del genere...»

L’interessante, e per taluni aspetti paradossale, personaggio che fu George Adamski, ebbe molti proseliti convinti e cercò anche di avvalorare le sue tesi con interpretazioni assai soggettive dei testi sacri.

«Nel Vangelo di San Giovanni », egli infatti diceva, «leggiamo: ‘Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore; se non fosse così, ve l’avrei detto. Vado a preparare un posto per voi’. Questo dimostra chiaramente che, se ci evolviamo abbastanza, possiamo andare in un altro mondo e vivere proprio come Egli affermò d’accingersi a fare. Tanto emerge dai versi seguenti: ‘E quando sarò andato ed avrò preparato un posto tornerò e vi accoglierò presso di me, affinchè dove sono io siate anche voi’.»

«É illogico », asseriva ancora George Adamski, «credere che Cristo fosse il solo abitante del suo mondo. Il suo pianeta deve avere milioni di persone felici, che furono considerate angeli quando compirono periodicamente viaggi sulla Terra. E detto che Gesù venne portato fisicamente in cielo e basta questo a provare che in qualche luogo esiste un pianeta atto

ospitare la vita... Nel Vangelo di San Giovanni troviamo: ‘Ed egli disse: voi siete di questo mondo; io non sono di questo mondo...’ Questo concorda

pienamente con le dichiarazioni dei visitatori spaziali, quando dissero che la Terra è come la prima classe di una scuola. Progredendo, saliremo ai pianeti alla guisa di chi va dalla prima, alla seconda, alla terza classe, da classe a classe e da pianeta a pianeta... Alcuni scelgono di nascere qui come Gesù, altri di venire quaggiù con una nave e vivere come uno di noi: parecchie centinaia lo stanno facendo oggi...»

Adamski continuava a lungo su questo tono, scomodando anche Isaia (« Chi sono costoro che volano come una nuvola, come colombi alle loro colombaie?»), ma a parte i profeti e i testi sacri, egli raccontava addirittura di essere stato sul pianeta Saturno e si dilungava in descrizioni che non possono non riuscire affascinanti per un lettore sprovveduto e fantasioso. Tutte le ipotesi sono sempre state aperte per quanto riguarda i mondi sconosciuti e nessun scienziato, neppure il più scettico idolatra della logica, si è mai sentito di escludere in maniera assoluta o di ignorare certe testimonianze tangibili di fenomeni e di avvenimenti che non sono stati ancora spiegati.

Fine prima parte.


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Edited by Fox Mulder - 26/11/2007, 15:04
 
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DanBurisch
view post Posted on 6/10/2004, 17:04     +1   -1




Interessante.
Fox quando pubblichi la seconda parte ?
 
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view post Posted on 7/10/2004, 11:10     +1   -1
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Appena trovo un minuto per riordinare i miei appunti.
E' roba datata che ho scritto una decina d'anni fa insieme a degli scritti di tre volumetti della Ferni ormai introvabili(quelli che mi hanno aperto le porte dell'ufologia).

Fox

Edited by -Fox Mulder- - 7/10/2004, 12:11
 
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2 replies since 28/9/2004, 08:20   437 views
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