I veri retroscena della caduta del Governo Berlusconi nel Novembre 2011 (Nicola Bizzi)
Non mi stupisce più di tanto la notizia, riportata dal quotidiano Libero, secondo la quale Silvio Berlusconi sarebbe stato “sfrattato” da Palazzo Chigi nel Novembre di due anni fa perché voleva traghettare il nostro Paese fuori dalla moneta unica europea e tornare alla Lira. Non mi stupisce perché mi sono a lungo occupato, in diversi miei articoli, del “golpe” del 2011, dei suoi retroscena e delle sue implicazioni, e non mi stupisce perché già lo sapevo, avendo ricevuto a suo tempo questa notizia da varie fonti. Non disponevo però di niente di scritto, non avevo in sostanza le “prove” da poter pubblicare. Una importante conferma in tal senso ce l’ha fornita nei giorni scorsi Hans Werner Sinn,
il Presidente dell’IFO, l’istituto di statistica tedesco, che ha esplicitamente dichiarato: “Sappiamo che, nell’autunno 2011, l’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi aveva avviato trattative per far uscire l’Italia dall’Euro”. Queste rivelazioni di Sinn, che la Commissione Europea si è affrettata a smentire nella stessa serata, ma senza che vi sia stata alcuna conferma o smentita da parte del diretto interessato, cioè Berlusconi, si aggiungono a quelle già fornite da Lorenzo Bini Smaghi, il quale lo scorso Settembre aveva scritto in suo libro che “le dimissioni di Berlusconi sono avvenute dopo che l’ipotesi di uscita dall’Euro era stata ventilata in colloqui privati con i governi di altri paesi”. Francesco De Dominicis, su Libero, tenta a questo punto di capire fin dove si fosse spinto il Cavaliere nel 2011 in questo suo tentativo di uscita dall’area Euro, e soprattutto con quali governi avesse avviato questi colloqui “privati”. Una risposta agli interrogativi di De Domenicis ce la fornì direttamente, all’indomani del golpe che vide Berlusconi costretto alle dimissioni per essere sostituito da Mario Monti, l’euro-deputato britannico Nigel Farage, nel suo celebre discorso pronunciato al Parlamento Europeo il 16 Novembre di due anni fa. Discorso che voglio qui riproporvi per intero: «Eccoci qui, sull’orlo del disastro economico e sociale, e in questa stanza oggi abbiamo quattro uomini che dovrebbero essere responsabili. Eppure abbiamo ascoltato i discorsi più insipidi e tecnocratici di sempre: state tutti negando. L’Euro è un fallimento sotto tutti i punti di vista. Di chi è la colpa? Chi è che ha in mano il vostro destino? Ovviamente la risposta è: nessuno di voi. Perché nessuno di voi è stato eletto. Nessuno di voi ha avuto la legittimazione democratica necessaria per arrivare ai ruoli che state attualmente ricoprendo. E in questo vuoto è arrivata Angela Merkel. Viviamo in un’Europa dominata dalla Germania, qualcosa che il progetto di Europa unita avrebbe dovuto effettivamente impedire. Qualcosa che chi venne prima di noi ha impedito, pagando con il suo sangue. Io non voglio vivere in un’Europa dominata dalla Germania e neanche i cittadini europei lo vogliono. Ma ragazzi, siete voi che lo avete permesso. Perché quando Papandreu decise di chiedere un referendum, lei, signor Rehn, parlò di “violazione della fiducia”, e i suoi amici si sono riuniti qui come un branco di iene, hanno circondato Papandreu, lo hanno cacciato via e rimpiazzato con un governo fantoccio. Che spettacolo disgustoso. E non ancora soddisfatti, avete deciso che Berlusconi se ne doveva andare. Quindi fu cacciato e rimpiazzato con il signor Monti, ex commissario europeo, anch’esso architetto di questo euro-disastro. Un uomo che non era neanche membro del Parlamento. Sta diventando come un romanzo di Agatha Christie, dove cerchiamo di indovinare chi sarà il prossimo ad essere fatto fuori. La differenza è che sappiamo benissimo chi sono gli assassini: dovreste essere ritenuti responsabili per ciò che avete fatto. Dovreste essere tutti licenziati. E devo dire, signor Van Rompuy, che 18 mesi fa, quando la incontrai per la prima volta, mi sbagliai sul suo conto. Dissi che avrebbe ucciso silenziosamente la democrazia degli stati-nazione, ma non è più così, lo sta facendo molto rumorosamente. Lei, un uomo non eletto, è andato in Italia a dire: “non è il momento di votare, è il momento di agire”. Cosa, in nome di Dio, le dà il diritto di dire al popolo italiano cosa fare?». Siccome bisogna sempre saper leggere tra le righe per capire la Matrix che ci circonda, è indicativo il paragone che ci fornisce Farage, parlando della caduta di Berlusconi e di Papandreu, quando denuncia che la situazione stava diventando “come un romanzo di Agatha Christie, dove cerchiamo di indovinare chi sarà il prossimo ad essere fatto fuori”. Appare quindi evidente che, se colloqui riservati ci sono stati (ed io ritengo di si), questi sono avvenuti principalmente fra l’Italia e la Grecia, con la regia della Gran Bretagna e, probabilmente, con la Russia di Putin come invitata speciale. Simultaneamente a Berlusconi in Italia, infatti, è stato fatte cadere Papandreu in Grecia, guarda caso proprio mentre si accingeva a indire un referendum per far esprimere il popolo ellenico in merito ad un’uscita dall’Euro. E la caduta di Papandreu, prontamente sostituito da un governo imposto dai Rothschild, oltre a “normalizzare” la politica greca ai dettami della Troika e della Commissione Europea, è stato un palese “avvertimento” a Vladimir Putin, che in quei giorni stava trattando una risoluzione del debito ellenico per fare entrare di fatto la Grecia nell’orbita russa. Come, del resto, un altro palese avvertimento a Putin è stata la rapina dei conti correnti delle banche di Cipro, una nazione europea che conosco molto bene e che posso confermarvi che è già di fatto da tempo, per molti aspetti, sotto l’ala protettrice di Mosca. Farage utilizza inoltre per Mario Monti, per Van Rompuy e per i vertici della “cupola” europea l’appellativo più azzeccato: “architetti” dell’euro-disastro. “Architetti” da intendersi qui nel senso di Liberi Muratori, di massoni. Il riferimento è evidente e palese, perché è proprio quello che sono! Quella che da tempo si sta svolgendo intorno all’Euro, per chi non lo avesse ancora capito, è infatti una guerra massonica. Tutti massonici ne sono gli attori, tutti massonici ne sono i burattini e i burattinai. Ma è anche una guerra fra diverse massonerie: fra una massoneria finanziaria, palese degenerazione della massoneria cosiddetta “speculativa”, facente capo a potenti famiglie come quella dei Rothshild, che di fatto controllano il 90% del sistema bancario internazionale e la rete delle grandi multinazionali, e una massoneria “operativa”, che si considera erede dei costruttori di cattedrali. La prima delle due, tanto per fare chiarezza, ha sempre avuto nel nostro Paese come braccio operativo di fiducia negli ultimi vent’anni il cosiddetto centro-sinistra. E il Gran Maestro della Loggia del Drago, Silvio Berlusconi, è stato fatto cadere perché rappresentava un evidente ostacolo per quella massoneria finanziaria che domina e controlla le istituzioni europee. L’appartenenza massonica di Silvio Berlusconi, come ho già evidenziato in un mio precedente articolo, è ormai da tempo cosa nota, anche se devo dare atto al Cavaliere di essersi saputo contrapporre visceralmente negli ultimi anni alla cappa di massonicità che pervade il centro-sinistra, i suoi programmi e le sue mire affaristico-bancarie. Ma, come ha bene evidenziato Alfonso Luigi Marra in un recente dibattito radiofonico con Alessandro Sallusti, il limite di Berlusconi è stato, invece di difendere la società da certi “apparati”, l’aver sempre tentato di accordarsi con essi. E lo ha fatto fin quando ha potuto, fino a quando la contrapposizione si è trasformata in scontro, in guerra aperta. Sotto questa lettura possiamo interpretare il tentativo berlusconiano di uscita dall’Euro. Tentativo che, ammesso che fosse andato in porto, non avrebbe cambiato più di tanto le carte in tavola. Berlusconi avrebbe, sì, salvato demagogicamente la faccia, trasformandosi in “paladino” del popolo italiano vessato dalla schiavitù dell’Euro e dalla tirannia della BCE, garantendosi magari la strada spianata per il Quirinale e l’immunità perenne per le sue vicenduole giudiziarie. Ma non avrebbe risolto alla radice il problema. Il problema non è, infatti, l’Euro, ma il fatto che esso è di proprietà della BCE, un’associazione a delinquere privata che incredibilmente lo presta a tassi da usura agli Stati d’Europa, che invece dovrebbero produrlo da sé a costo zero, senza indebitarsi per acquisirlo. Il ritorno a una moneta nazionale con il mantenimento di una Banca d’Italia in mano ai privati gioverebbe soltanto a breve termine alle esportazioni, magari ridando per un certo periodo fiato all’industria e alle piccole e medie imprese, ma non porterebbe a un risanamento del debito pubblico perché non affronterebbe alla radice il nodo principale: quello del signoraggio bancario; nodo che potrebbe essere sciolto solo togliendo alle banche private il controllo del nostro istituto di emissione. Berlusconi questo “nodo”, anche se fosse riuscito a far uscire l’Italia dall’Euro, non lo avrebbe mai affrontato, né mai del resto lo farà, perché egli è parte integrante del sistema bancario che detta le regole e in venti anni non ha detto né fatto niente per far diventare pubblica la Banca d’Italia, anzi ha anch’egli concorso ad occultare agli occhi dell’opinione pubblica il fatto che è privata. Altra conferma a riguardo è il fatto che, al di là delle promesse e della demagogia fiscale, Berlusconi non ha mai fatto niente di concreto per abbassare le tasse che strangolano la nostra economia, tacendo deliberatamente al popolo italiano che sono dai 600 ai 700 i miliardi di Euro che le banche annualmente sottraggono alle tasche dei cittadini mediante l’anatocismo, l’accredito tardivo dei versamenti, e altre pratiche notoriamente illecite. I governi guidati dal Cavaliere hanno concorso attivamente ad aggravare questa situazione con alcune leggine, come quella (per fortuna bocciata dalla Corte Costituzionale) che faceva decorrere la prescrizione anche mentre il conto corrente era aperto, e quella che è intervenuta tempestivamente per stabilire per legge l’accredito differito dei versamenti perché la giurisprudenza aveva finalmente cominciato a dichiaralo illegittimo. Oltre a ciò, sono stimabili nell’ordine di 85 miliardi di Euro i soldi che lo Stato risparmierebbe annualmente sui tassi di interesse del debito pubblico se le quote private della banca d’Italia venissero confiscate e divenissero pubbliche. É per questo che non ritengo né credibile né sincera l’opposizione antieuropeista che il “drago” di Arcore, prossimo senatore decaduto, si sta apprestando a scatenare nelle piazze con la sua nuova Forza Italia.
http://www.signoraggio.it/i-veri-retroscen...-novembre-2011/