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I cosmonauti russi raccontano le loro allucinazioni

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Jack O'Neill
view post Posted on 26/9/2005, 18:21     +1   -1




I cosmonauti russi raccontano le loro allucinazioni

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Voci, suoni, presenze invisibili, avvistamenti impossibili; il campionario delle stranezze è più vasto di quanto si possa immaginare, ma è restato nascosto per decenni


Hanno sentito inquietanti ''presenze invisibili", latrati di cane e pianti di neonato.
Hanno avuto l'impressione che si erano trasformati in altri esseri.
Hanno visto la Terra come se fossero pochi metri sopra di essa, malgrado orbitassero a 300 chilometri di distanza: ai cosmonauti russi è capitato un po' di tutto nel silenzio assoluto dello spazio. Ma in pubblico zitti, per il timore di essere presi in giro o trattati da pazzi.
Kirill Butusov, professore all'Istituto Superiore d'Aviazione Civile a San Pietroburgo, squarcia oggi questo decennale riserbo sulle pagine del tabloid Komsomolskaia Pravda.
Lo fa grazie alle confidenze strappate ad un certo numero di eroi dello spazio della defunta Urss e della nuova Russia. In effetti già Yuri Gagarin, il primo uomo a mettere il naso fuori dell'atmosfera, nel 1961, disse agli amici che avrebbe potuto riferire ''cose sensazionali" se soltanto i capi glielo avessero permesso.
E Vladislav Volkov, morto nel 1971 assieme ad altri due colleghi durante una missione spaziale, raccontò che una volta nel cuore della notte cosmica udì un latrato di cane e poi il pianto di un bambino.
Fantasticò che ad abbaiare in quel buio vuoto pneumatico fosse Laika, la leggendaria cagnetta lanciata nel 1957 dai sovietici e mai più tornata indietro.
Più banalmente, Gheorghi Grechko fu assalito da un incontrollabile raptus di paura e di angoscia (''come se una tigre mi stesse saltando addosso alle spalle'') quando la sua navicella passò sopra il Capo di Buona Speranza, mentre il più tranquillo Aleksei Leonov si trovò le orecchie investite da musica classica proveniente da chissà qualche angolo dell'Universo.
Un'altra esperienza comune a molti che hanno viaggiato fuori della Terra è la percezione - spesso agghiacciante - di ''presenze invisibili" nei dintorni.
A patto che il suo nome non venga reso noto, uno di questi cosmonauti ha detto al prof. Butusov che lassù una ''presenza invisibile'' gli ha parlato a lungo. ''Sono un tuo antenato. Sei arrivato - lo avvertì - troppo presto. Non star qui. Ritorna sulla Terra. Non violare le leggi del Creatore''.
La sensazione di trasformarsi in esseri appartenenti ad un'altra razza l'ha invece provata sulla sua pelle Serghei Cricevski (''mi sembrava di essere diventato un dinosauro e di muovermi con le mie grosse zampe su un pianeta sconosciuto").
Valeri Sevastianov e Ieri Glaskov hanno per conto loro sperimentato l'illusione ottica di essere a poche decine di metri sopra la Terra: Savastianov ha avvistato da lassù, malgrado sia impossibile da una abissale lontananza di 300 chilometri, ''la città di Soci, le strade, la casetta a due piani dove sono nato".
Il più esotico Glaskov ha scorto a portata di mano una stradina del Brasile, con in mezzo un autobus di colore azzurro.
Sul perché di tutte queste voci, visioni e sensazioni esistono due contrapposte scuole di pensiero. Quella medico- razionale spiega che l'uomo inevitabilmente "sbarella" se costretto a vivere in totale e stressante assenza di gravità, sotto il bombardamento di forti flussi magnetici e radioattivi e per giunta in quel silenzio assoluto.
La seconda scuola di pensiero, in linea con l'ufologia, la fantascienza più sbrigliata e i telefilm X-Files, considera quelle enigmatiche allucinazioni il risultato di una astuta e subdola regia degli alieni per convincere l'Umanità a starsene nel suo brodo e non invadere le profondità del cosmo.
Una cosa è certa: se pubblicassero senza censure i loro diari scritti in condizioni di imponderabilità, i cosmonauti permetterebbero di meglio capire se i più famosi bipedi del pianeta Terra possono emigrare altrove senza dar troppo di matto.

Fonte: Newton
 
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Jack O'Neill
view post Posted on 27/9/2005, 19:06     +1   -1




Un problema di fantasmi russi nello spazio siderale

Dall'opera di un professore dell'Istituto superiore dell'aviazione civile di San Pietroburgo, la casistica completa delle allucinazioni spaziali dei cosmonauti russi.


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Yuri Gagarin, il primo uomo a sperimentare lo spazio e gli spettri del vuoto.

Latrati di cani, musica dai confini dell'universo, voci di antenati e molto, molto altro ancora. Sono solo alcune delle esperienze vissute dai cosmonauti russi nel corso di oltre quarant'anni di attività spaziale, sempre rigorosamente taciute dai protagonisti per timore di diventare oggetto di beffe o, peggio, di inimicarsi le autorità sovietiche. A rendere giustizia a questa pagina oscura dell'astronautica moscovita, ci pensa oggi uno studio di Kirill Butusov, professore dell'Istituto superiore dell'aviazione civile di San Pietroburgo, pubblicato sulle pagine del tabloid Komsomolskaia Pravda. E il suo articolo si regge sulle confidenze strappate a un numero di tutto rispetto di eroi dello spazio della defunta Urss e della nuova Russia.


La storia comincia con Yuri Gagarin, nel lontano 1961. È lui il primo uomo a mettere piede nello spazio, lo sanno anche i bambini. Non tutti però sanno che il viaggio di Gagarin è accompagnato da percezioni sinistre, "cose sensazionali" che avrebbe confidato di poter riferire se solo le autorità gliene avessero dato il permesso. Dopo di lui, Vladislav Volkov, morto nel 1971 insieme ad altri due colleghi nel corso di una delle pagine nere dell'esplorazione spaziale russa. Nel corso di una precedente missione riferì di aver udito il latrato di una cagna e il pianto di un bambino e fantasticò che ad abbaiare nel buio fosse stata Laika, la mitica cagnetta lanciata nello spazio nel 1957 e mai più tornata indietro. E se Gheorghi Grechko fu assalito da un raptus di angoscia mentre sorvolava il Capo di Buona Speranza ("come se una tigre mi stesse saltando addosso alle spalle" avrebbe detto più tardi), Aleksei Leonov si scoprì avvolto dalle note di una musica classica piovutagli addosso direttamente dalle stelle.
Un'esperienza piuttosto comune, stando alle confessioni dei cosmonauti, sarebbe anche la percezione spesso agghiacciante di invisibili presenze. Uno degli intervistati ha rivelato, sotto promessa di anonimato, di aver ascoltato un lungo discorso nel corso di uno di questi stranissimi incontri. "Sono un tuo antenato" lo avrebbe avvertito una voce senza corpo. "Sei arrivato troppo presto. Non restare qui. Ritorna sulla Terra. Non violare le leggi del Creatore". Esperienza, questa, che ricorda uno dei passi più mirabili di 2010 L'anno del contatto, il libro di Arthur C. Clarke portato sul grande schermo da Peter Hyams. Come è innegabile che suggestioni kubrickiane segnano tutte le percezioni musicali dello spazio profondo. Ma nella casistica compilata dal prof. Butusov, non mancano sprazzi di una qualche originalità, se non altro perché le affinità non potrebbero essere ricercate nei fin troppo facili riferimenti cinematografici. Serghei Cricevski, per esempio, ha sperimentato la trasformazione nell'essere di un'altra razza. "Mi sembrava di essere diventato un dinosauro e di muovermi con le mie grosse zampe su un pianeta sconosciuto". Qualcosa di non diverso da quanto provato dal protagonista di un breve racconto lovecraftiano del 1935, "Sfida dall'infinito", e di molto simile alla sfida sostenuta da Abelard Lindsay ne La Matrice Spezzata di Bruce Sterling, di molto posteriore. Mentre per i resoconti di Valeri Sevastianov e Ieri Glaskov il termine di confronto potrebbe essere il Solaris di Stanislaw Lem, con le sue invarianze di scala che alludono alla geometria frattale e il viaggio a ritroso nella memoria: Sevastianov avrebbe avvistato, dall'abissale distanza di 300 chilometri, "la città di Soci, le strade, la casa a due piani dove sono nato". Glaskov, dal canto suo, avrebbe invece scorto una stradina brasiliana, con in mezzo un autobus azzurro.


Miraggi da spazio profondo? Allucinazione da disagio gravitazionale? Su queste visioni il mondo è pronto come sempre a spaccarsi a metà. Da una parte gli scettici, che sospettano confessioni artefatte per arrotondare le misere pensioni statali, e i razionalisti, convinti che l'esperienza estrema del vuoto, immersi in assenza di gravità nel buio e nel silenzio esterno, sottoponga inevitabilmente il sistema nervoso umano a una grave condizione di stress. Dall'altra i possibilisti che, se non proprio inclini ad accettare la versione della regia aliena cara a X-Files, almeno ammettono l'eventualità che là fuori, in un ambiente alieno e ancora largamente sconosciuto all'uomo, possano succedere cose altrettanto inconcepibili per l'esperienza umana.

Autore: Giovanni De Matteo - Data: 23 settembre 2005 - Fonte: Corriere della Sera

Fonte: http://www.corriere.fantascienza.com/notizie/6154/
 
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